Il presupposto da cui si parte alla ricerca di se stessi è che il ricercatore non trovi più “se stesso”, che egli si sia perso, smarrito o dimenticato da qualche parte. Oppure, rispetto all’illuminazione, la convinzione del ricercatore è che egli non sia illuminato.
Se ti chiedi <<come so di non essere illuminato?>> puoi intravedere un barlume di luce. Per sapere come sai di non esserlo, è necessario che tu sappia, invece, cosa significhi esserlo. Occorre partire quindi dalla definizione.
Il significato etimologico del verbo illuminare inerente la ricerca di sé, è: “liberare la mente dall’ignoranza svelando il vero”.
Il verbo illuminare si riferisce a un processo, vale a dire un’azione tendente a un cambiamento da uno stato attuale o presente, a uno desiderato o futuro.
Lo stato attuale della mente è indicato come ignoranza, mentre quello desiderato, come “il vero” stato. L’illuminazione è perciò un processo di liberazione dall’ignoranza della mente che prevale nello stato attuale, quindi lo svelarsi dello stato desiderato, “vero”, ossia trovare se stessi.
Vediamo ora in che modo le convinzioni influenzano la possibilità di trovare noi stessi e quanto possono condizionare i comportamenti che ne conseguono.
Generalmente, per pervenire allo stato desiderato si procede mettendo in atto un processo che inizia dallo stato attuale, come nel seguente schema:
stato attuale ______ processo _______ stato desiderato
In cosa consiste quindi il processo che collega i due stati, quello presente quello desiderato? Evidentemente, si tratta di attuare una serie d’operazioni o forse di tecniche utili alla liberazione della mente dall’ignoranza. A questo punto è necessario capire che cos’è l’ignoranza di cui appare necessario liberarsi.
L’ignoranza rappresenta la polarità opposta alla conoscenza.
Si è detto che la conoscenza può essere considerata come l’espressione delle convinzioni umane. Di conseguenza, l’ignoranza può essere contemplata sia come: *l’assenza di convinzioni utili per pervenire allo stato desiderato,
*sia la presenza di convinzioni limitanti che non permettono, perché tali, di raggiungere l’obiettivo prefissato.
Pertanto, si procederà sia esaminando alcune convinzioni utili per la percezione dello stato desiderato, sia prendendo in considerazione altre limitanti, al fine di trasformarle in liberatorie.
Una delle questioni concernenti l’illuminazione riguarda la molteplicità e l’apparente eterogeneità dei termini usati per indicare lo stato desiderato.
Il ricercatore spirituale si trova nella condizione di scegliere sia il termine che lo attrae di più, sia il significato cui può accedere attraverso la sua “mappa del mondo”.
Oltre al termine illuminazione si trovano, infatti: risveglio, silenzio, satori, vuoto, identità suprema, moksha o liberazione, nirvana, samadhi, realizzazione, autorealizzazione e altri.
Se ci soffermiamo su qualcuno di questi termini, appare chiara la confusione cui si va incontro come ricercatori. Il termine illuminazione richiama un’esperienza visiva, qualcosa che ha a che fare con la luce, con le immagini.
Il termine risveglio, si riferisce invece a una transizione da uno stato di sonno a uno di veglia in cui si sperimentano perlopiù sensazioni corporee.
Infine, il silenzio riguarda una percezione uditiva in cui c’è assenza di suoni.
Secondo la Programmazione Neuro Linguistica, ogni persona, nell’interagire con l’ambiente, impara a sviluppare particolari modalità di rappresentazione della realtà chiamate sistemi rappresentazionali, definiti:visivo, uditivo e cenestesico. Alcune persone usano prevalentemente la modalità visiva pensando e parlando, quindi facendo ricorso soprattutto alle immagini, volendo “vederci chiaro”; altri usano la modalità uditiva, dando attenzione soprattutto ai suoni e le loro variabili, quindi si aspettano che le cose “suonino” bene; altri ancora si orientano verso la modalità cenestesica (tattile o propriocettiva) e preferiscono “toccare con mano”.
Quindi, per dirla con la PNL, i termini di cui abbiamo parlato prima si riferiscono a sistemi rappresentazionali diversi: l’illuminazione al visivo, il risveglio prevalentemente al cenestesico, e infine il silenzioall’uditivo.
Secondo il proprio sistema rappresentazionale prevalente, il ricercatore avrà una serie di convinzioni inerenti sia il processo d’illuminazione, sia l’espressione dello stato desiderato. Se il ricercatore spirituale usa come modalità prevalente il canale uditivo, ciò che sarà convinto di trovare riguarderà probabilmente qualcosa che ha a che fare con il suono, magari quello del silenzio interiore! Se, pertanto, il processo verso l’illuminazione sarà accompagnato da immagini, le potrà ritenere non pertinenti.
Se invece il ricercatore usa prevalentemente il canale cenestesico, sarà convinto di aver bisogno di percepire l’illuminazione come nel risveglio. Per lui i suoni o le immagini saranno poco importanti.
Infine, il ricercatore con modalità visiva sarà indotto a cercare solamente immagini; perciò, se si trovasse immerso nel silenzio, si troverebbe in difficoltà, dato che il silenzio non può essere visto.
Comprendiamo così che ognuno di noi è alla ricerca di un obiettivo che può avere un codice d’accesso diverso dal proprio sistema rappresentazionale; inoltre, a causa delle convinzioni limitanti, potremmo svalutare l’esperienza fino al punto di negarne la validità.
Sarà per questi motivi che l’illuminazione non si trova?
Come si è visto, i molti termini usati per indicare lo stesso stato interiore, possono generare confusione; ciononostante è necessario adottarne uno, pur sapendo che ciò comporta una limitazione per i ricercatori che non usano lo stesso sistema rappresentazionale.
E’ stato scelto quello di illuminazione per due motivi: primo, perché nella cultura occidentale il sistema rappresentazionale più usato è quello visivo. La nostra è una cultura di immagini, come tutti sappiamo. Il secondo motivo riguarda la diffusione maggiore di questo concetto in occidente.
Quale può essere dunque la convinzione liberatoria da adottare in relazione allo stato desiderato?
Indipendentemente dal concetto usato, lo stato desiderato indicato qui come illuminazione, ha una caratteristica particolare: include tutte le esperienze, siano esse visive, uditive e cenestesiche e nello stesso tempo le trascende interamente tutte quante. Ciò ti sarà perfettamente chiaro quando l’illuminazione si sarà svelata.
Dopo aver analizzato la questione relativa alla molteplicità dei termini usati per riferirsi allo stato desiderato, è giunto il momento di prendere in considerazione il processo necessario al suo conseguimento. Questo processo, come si è accennato, consiste nell’attuare numerose tecniche ritenute utili per liberare la mente dall’ignoranza.
Tuttavia, se si avviasse il processo esaminando e mettendo in atto una qualche tecnica, sarebbe trascurato un elemento preliminare del processo stesso: l’indagine sul soggetto. Si tratta di esaminare innanzi tutto, chi sia colui che necessita di liberare la propria mente dall’ignoranza per svelare “il vero” e “trovare” se stesso.
E’ utile sapere che la stragrande maggioranza dei ricercatori spirituali trascura completamente oppure procrastina l’indagine diretta sul soggetto, su colui che pratica per “ottenere” l’illuminazione. Il loro interesse riguarda, appunto, la possibilità di “guadagnare” qualcosa, che può essere la pace, la calma, la gioia, oppure esperienze straordinarie, contatti con esseri particolari ecc.
Eppure, come scoprirai, l’indagine diretta sul soggetto, su te stesso, è non solo essenziale ma anche risolutiva del processo di ricerca. Per una comprensione immediata e intuitiva della questione può essere utile questa storia.
C’era una volta un bambino fatto di sale che desiderava sapere chi era veramente. Così iniziò un lungo viaggio alla ricerca del “vero” se stesso. Ovunque andava incontrava persone che condividevano con lui il proprio sapere. Ognuna di loro gl’insegnava una tecnica che gli avrebbe permesso di pervenire anch’egli al loro stato. Negli anni, il bambino di sale imparò moltissime cose e sperimentò diversi stati ma ahimè, nessun’esperienza gli fece conoscere chi fosse realmente. Un giorno arrivò sulla riva del grande oceano. In quel momento, per la prima volta vide la sua immagine. Poi, l’oceano lo chiamò con un cenno, dicendo:
<<Se desideri sapere chi sei, non aver paura>>. Il bambino di sale camminò nell’acqua sempre più profonda, sciogliendosi a ogni passo, e alla fine esclamò:
<<Ora so chi sono>>.
Per attuare il processo che porta alla realizzazione dello stato desiderato, nei prossimi post saranno esaminate le convinzioni inerenti al soggetto, colui che necessita di liberarsi dall’ignoranza che riguarda, appunto, se stesso.
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