Uno strano mestiere: ricercatore di sé
Tanti anni fa, un uomo e una donna s’incontrarono “per caso”. Mentre chiacchieravano del più e del meno, l’uomo sentì la necessità di pronunciare questa frase:
<<Sii te stessa!>>
In un lampo, un brivido intenso percorse il corpo della donna dalla testa ai piedi e si sentì catapultata in un’altra dimensione. Lì, tutto sembrava cristallino. Il tempo, lo spazio, il mondo e persino il suo corpo, non c’erano più. L’unica cosa esistente, che era anche il tutto, era qualcosa di morbido che palpitava e irradiava un senso di pienezza totale. Si accorse che non riusciva più nemmeno a pensare.
“Sii te stessa” sembrava aver agito su di lei come la frase magica del gioco delle statuine. Poi, lentamente e come se arrivasse da lontano, nella sua mente fece capolino un pensiero che assomigliava a un dubbio esistenziale: <<Essere me stessa?! Vuol dire che sono un’altra e non me ne sono neanche accorta? Cos’è questo, un incubo?>> Quando finalmente si riprese, un po’ confusa e disorientata, chiese all’uomo: <<Che cosa intendi con questo?>>
E l’altro, inconsapevole del suo ruolo, rispose:
<<Sii come sei!>>
<<Ahi, dalla padella alla brace!>>, pensò la donna. Da quel momento in poi, per giorni, settimane, mesi aveva continuato a rimuginare:
<<Chissà cosa avrà voluto dire? E cosa significa esattamente “essere me stessa” o “essere come sono”?>>.
In seguito, la donna capì che quelle erano state le prime battute di un ruolo che avrebbe recitato per molti anni: quello di ricercatore di sé.
Come forse avrai già intuito, quella donna è chi scrive.
E tu, lettore, che ruolo stai recitando ora?
Poiché sei stato attratto da questo articolo si suppone che anche tu sia coinvolto nel ruolo di ricercatore di sé. Magari sei alle prime battute, oppure sei già avanti col tuo copione; qualsiasi sia il punto in cui ti trovi, ora siamo insieme e proprio qui, adesso, lo spettacolo si sta svolgendo e noi vi prendiamo parte. Anzi, è la nostra stessa presenza che lo rende possibile.
Possiamo considerare la nostra rappresentazione allo spettacolo della vita a due livelli. Un piccolo palcoscenico su cui due attori interpretano i loro personaggi: un lettore e una scrittrice. Oppure, considerare questo palcoscenico come il Palcoscenico sul quale tutti i personaggi sono interpretati dall’unico attore: la Coscienza, l’Esistenza. Sarà quindi la coscienza che scrive, che si rivolge alla coscienza che legge, per cercare e infine “trovare” la Coscienza stessa.
Quando stai per entrare in un nuovo ruolo, accadono spesso situazioni particolari che ti aiutano a calarti nel personaggio. Ma dopo un po’ te le dimentichi.
Poi, a un certo momento della vita arriva, ospite inatteso, il desiderio di cercare questo “se stessi”. All’inizio questo desiderio, come gli altri d’altronde, è un optional, cioè puoi fare qualcosa per soddisfarlo oppure no; non è fondamentale per la tua vita. Ma dopo un po’, da desiderio diventa bisogno e allora preme, spinge per essere realizzato. Diventa una specie di tarlo mentale: rode, e rode, e ancora rode!
Da un giorno all’altro diventi un “ricercatore di te stesso”! Strano mestiere! Che tu lo faccia part time oppure a tempo pieno, non è contemplato in nessuna categoria lavorativa. E non ti paga nessuno, anzi, ti tocca spendere un sacco di soldi, di tempo ed energia come cercatore di verità. Eh, si, perché non ti accontenti di qualsiasi risposta, tu vuoi la Verità! La storia seguente esemplifica bene la situazione in cui ti potresti trovare:
C’era una volta un uomo che desiderava ardentemente trovare il segreto della vita. Sin da ragazzo era nata in lui questa brama e ogni volta che conosceva una persona nuova chiedeva: <<Conosci il segreto della vita?>>. A volte riceveva come risposta: <<ma che domanda è mai questa?>>, altre volte si sentiva dire: <<lascia perdere, stai con i piedi per terra, pensa a vivere come gli altri!>>; qualcuno rispondeva sinceramente: <<non lo so!>>. Altri indicavano libri da leggere, altri ancora gli suggerivano di andare a trovare un certo saggio che sicuramente conosceva la risposta. E il nostro uomo leggeva libri su libri, ma ciò che trovava non soddisfaceva la sua sete di conoscenza. Poi, andava a incontrare i vari saggi, ma neanche uno gli dava la risposta che cercava con sempre crescente ardore. Passavano gli anni e lui continuava a cercare ma, nulla, la risposta non arrivava. Un giorno, sentì dire che in un certo villaggio, esisteva un pozzo magico che era in grado di soddisfare la sete di conoscenza di chiunque. Allora il nostro uomo sentì ritornare piena la speranza e decise di andare al pozzo magico. Era molto lontano dal posto in cui viveva, ma la distanza non lo scoraggiava. Anzi! Durante il cammino dialogava fra sé e sé:
<<La risposta è questa…!>>,
<<Ma no, non può essere questa, sciocco, è troppo semplice!>>.
<<Allora sarà cosi…!>>
<<Ma che dici, questa l’hai già sentita da quel saggio con la veste ocra! Non può essere la stessa!>>
E così il suo viaggio proseguiva finché, finalmente, arrivò nel paese dove c’era il pozzo magico.
Sarebbe stato troppo bello scovarlo subito, dentro il paese. No, stanco e affamato ma pieno di speranza, gli toccò camminare ancora per un bel pezzo, perché il pozzo si trovava in una valle fuori del villaggio. In preda all’eccitazione, oltre che alla stanchezza e alla fame di cibo e sete di conoscenza, l’uomo si guardò intorno per vedere che cosa poteva avere di magico o sacro questo pozzo. Sembrava uguale a qualsiasi altro pozzo di campagna.
<<Adesso vedrò se è davvero magico>>, disse.
Si affacciò sulla superficie dell’acqua e fece la sua domanda:
<<Magico pozzo, sai dirmi qual è il segreto della vita?>>
Dopo un po’, dalla profondità arrivò una voce che diceva:
<<Vai al crocicchio del villaggio! Là troverai ciò che cerchi! >>
Esterrefatto, emozionato, confuso, in preda a un’eccitazione incontrollata, l’uomo ritornò di corsa verso il villaggio. Al crocicchio, si guardò intorno e ciò che vide furono tre botteghe. In una vendevano fili di ferro, nella seconda legno, e nella terza, pezzi di metallo. L’uomo entrò e uscì dalle tre botteghe diverse volte, poi si guardò intorno per verificare che fosse nel posto giusto; chiese informazioni ai negozianti, infine ai clienti, ma nessuno fu in grado di illuminarlo circa il significato della risposta datagli dal pozzo. Allora si disse:
<<Avrò capito male la risposta!>>
E così ritornò, sempre più stanco, affamato e assetato, dal magico pozzo. Intanto cominciava a innervosirsi; si arrabbiò con se stesso per non aver prestato sufficiente attenzione. Quindi, chiese spiegazione al pozzo. Per un bel po’, silenzio. L’uomo stava trattenendo il fiato nell’attesa della risposta, ma niente. Solo silenzio. Quando stava iniziando a scoraggiarsi, ecco che dalla profondità del pozzo arrivò una voce che diceva:
<<Capirai in futuro!>>
Questa volta, in silenzio rimase l’uomo. Si sentì come paralizzato, per un attimo. Poi, come la lava di un vulcano in eruzione, l’indignazione e la conseguente rabbia esplose sommergendolo. Disse di tutto, sparlò, non riuscendo a pronunciare bene le parole e poi si buttò per terra in preda alla disperazione. Aveva speso la sua vita nella ricerca di questo maledetto segreto ed eccolo lì, rimasto, come si suol dire con un pugno di mosche in mano. Ma che mosche, neanche quelle, perché se l’erano filata per la sua esplosione di rabbia.
Giurò a se stesso che avrebbe abbandonato per sempre la ricerca del segreto della vita. E così fece!
Passarono gli anni, l’uomo era ormai vecchio e aveva dimenticato la sua “follia di gioventù”. Una sera, stava passeggiando sulla strada che portava fuori del paese, con la luce della luna che rischiarava tutto intorno a sé. In lontananza, sentì una strana musica, una melodia dolce, profonda e struggente che sembrava ricordargli qualcosa d’antico e originario. Più si avvicinava e più la musica lo rapiva, lo prendeva sulle sue ali e lo portava lontano… oppure no, vicino a… In un attimo, vide lo strumento che produceva quella magica musica: il sitar, che era fatto di fili di ferro, pezzi di legno e parti di metallo, come quelli che, tanto tempo addietro, aveva visto nelle tre botteghe al crocicchio del villaggio. Allora non ne aveva capito il significato, ma ora finalmente, la risposta del pozzo divenne perfettamente chiara:
<<Ah, ecco!>> sussurrò felice l’uomo.
Quando cominci a esercitare il tuo mestiere di ricercatore ti accorgi ben presto che altri prima di te, oppure proprio adesso insieme con te, si sono trovati nella necessità di placare il tarlo. Anzi, molti, come Platone, sono convinti che:
Una vita senza la ricerca non è degna di essere vissuta.
Oppure, come Alan Watts, altri ritengono che:
Di tutti i misteri del mondo esterno, di tutte le meraviglie viste con gli occhi, sentite con le orecchie, o toccate con le mani, nulla costituisce un enigma tanto profondo quanto il mistero interiore della vera identità dell’uomo.
Nei primi tempi in cui il desiderio è appena comparso, qualche pensiero birichino vi s’insinua:
<<Che cosa avrà di così importante questa ricerca?>>
E magari ti trovi a leggere, come risposta non cercata, frasi come quella incisa sul frontone d’ingresso dell’oracolo d’Apollo a Delfi:
Conosci te stesso e conoscerai l’universo!
E tu potresti replicare:
<<Dopotutto, io voglio conoscere solo me stesso! L’universo è troppo grande e lontano da me!>>
E, invece, se decidi di andare avanti con la ricerca, ti toccherà inghiottire in un sol boccone te stesso e l’universo!
Buona digestione!
Grazie! Bella storia, mi è piaciuta!
Ciao, sono Marco. Hi appena letto “ricercatore di se'”. Mi e’ sorta subito una domanda:”conosci i libri Del “cerchio Firenze 77”?